Pietro Anastasi

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NATO IL 07-04-1948
MORTO IL 17-01-2020
ItaliaFootball pictogram.svgPietro Anastasi è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centravanti. Dopo gli esordi nella Massiminiana e la ribalta nel Varese, legò la sua attività calcistica soprattutto alla Juventus, squadra nella quale militò per otto stagioni a cavallo degli anni 1960 e 1970 diventandone uno degli uomini-simbolo, nonché tra i più amati dai tifosi, fino a esserne nominato capitano...
Pubblicato il 18/01/2020


Postato il 18/01/2020

«Pietro Anastasi finì per essere il simbolo vivente di un'intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord.» (Alessandro Baricco, 2008)
infinitamemoria
Pietro Anastasi (Catania, 7 aprile 1948 – Varese, 17 gennaio 2020) è stato un calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo centravanti.

Dopo gli esordi nella Massiminiana e la ribalta nel Varese, legò la sua attività calcistica soprattutto alla Juventus, squadra nella quale militò per otto stagioni a cavallo degli anni 1960 e 1970 diventandone uno degli uomini-simbolo, nonché tra i più amati dai tifosi, fino a esserne nominato capitano dal 1974 al 1976; con i bianconeri vinse tre campionati di Serie A, nel 1971-1972, 1972-1973 e 1974-1975, disputando inoltre le finali di Coppa delle Fiere, nel 1971, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale, queste ultime entrambe nel 1973.

Considerato uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione,[3] giocò con la squadra torinese un totale di 258 partite in Serie A realizzando 78 reti, laureandosi capocannoniere della Coppa delle Fiere 1970-1971 e della Coppa Italia 1974-1975, prima di una precoce parabola discendente che lo portò a chiudere la carriera con le maglie di Inter, Ascoli e Lugano. Ha disputato complessivamente 338 gare nella massima serie italiana segnando 105 gol; è stato inoltre il secondo marcatore della categoria, nel 1968-1969, e il terzo in altre due occasioni, nel 1969-1970 e 1973-1974.

Campione europeo con la nazionale italiana nel 1968, in azzurro ha giocato 25 partite siglando 8 reti.

Biografia
Nacque nella zona industriale di Catania nei primi anni del secondo dopoguerra, da una modesta famiglia operaia, «con me, eravamo in nove e vivevamo in una piccola casa» racconterà in seguito. Sin dalla giovane età si appassionò al calcio, tanto da marinare varie volte la scuola per andare a giocare a pallone in strada.[8] Durante la militanza nel Varese conobbe la sua futura moglie, Anna, che in seguito gli darà due figli;[9][10] dopo il ritiro dall'attività agonistica, si stabilì definitivamente nella città varesina per il resto della vita.

Muore a causa delle complicanze di una sclerosi laterale amiotrofica il 17 gennaio 2020 all'età di 71 anni.

Caratteristiche tecniche
Cresciuto con John Charles come idolo — «nel portafoglio conservo ancora la foto fatta al Cibali», ricorderà quasi settantenne —, al contrario dell'ariete gallese Anastasi fu un attaccante dotato di scatto e velocità, «mobilissimo e imprevedibile», caratteristiche che gli permettevano, tra le altre cose, di sopperire ad alcune lacune tecniche — «spesso capitava che anticipassi il pallone. Però rimaneva li, tra i miei piedi. Ed io, a quel punto, potevo fare la giocata desiderata» —, nonché di aiutare i compagni — «penso di essere stato un giocatore altruista, giocavo soprattutto per la squadra, [...] mai [...] per me stesso» — ripiegando all'indietro[18] o recuperando palle perse.[8] Dal fisico «corto e robusto», aveva inoltre dalla sua un buon palleggio, seppur molto singolare,[15] una grande prontezza di riflessi[16] e, anche per via di un innato opportunismo,[3] rapidità nel concludere a rete.

Definito da Vladimiro Caminiti come un misto tra due centrattacco del passato quali Guglielmo Gabetto e Benito Lorenzi, agli esordi fu accostato da Cesare Lanza a un suo contemporaneo, Luigi Meroni, soprattutto nel tocco di palla «di destro e di sinistro, magari con minore fantasia del Beatle comasco, ma, spesso, con superiore altruismo»; un atteggiamento, questo ultimo, sottolineato anche da Candido Cannavò, che riassunse il suo giudizio su Anastasi in «un grande giocatore, per abilità, per destrezza, per generosità». A Darwin Pastorin, negli anni 1970 giovane tifoso juventino, rimandava infine «nel dribbling, nella rovesciata, nella rete d'istinto» ai calciatori carioca ammirati durante la sua infanzia in terra brasiliana


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