Guido Rossa (Cesiomaggiore, 1º dicembre 1934 – Genova, 24 gennaio 1979) è stato un operaio e sindacalista italiano, assassinato durante gli anni di piombo dal gruppo terroristico delle Brigate Rosse. Appassionato di montagna, Rossa è anche ricordato per la sua attività di alpinista, di fotografo e per il suo impegno nel Club Alpino Italiano.
Biografia
Operaio di origine veneta, vive per parecchi anni a Torino. Il suo primo impiego è a 14 anni come operaio in una fabbrica di cuscinetti a sfera, quindi alla Fiat di Torino come fresatore. Nel 1961 si trasferisce a Genova a lavorare per l'Italsider venendo, l'anno seguente, eletto nel Consiglio di fabbrica per la Fiom-Cgil.
Iscritto al Partito Comunista Italiano, è sindacalista della CGIL all'Italsider di Genova-Cornigliano.
Il contesto storico
Il 1978 fu uno degli anni più duri tra gli anni di piombo: l'anno precedente le forze della sinistra legate al PCI avevano subito dure contestazioni da parte del movimento del '77, mentre l'attività delle BR e dei suoi fiancheggiatori aveva subito un'accelerazione culminata con il sequestro e l'uccisione di Aldo Moro.
Come risposta il PCI e il sindacato presero definitivamente le distanze dalla lotta politica extraparlamentare ed invitarono gli iscritti a vigilare contro il terrorismo e a togliervi ogni possibile copertura ideologica denunciando i sospetti di terrorismo attivi nelle fabbriche.
La testimonianza contro il brigatista Francesco Berardi
Presso la macchinetta distributrice di caffè dello stabilimento Italsider di Genova spesso si ritrovano depositati dei volantini delle Brigate Rosse furtivamente lasciati per scopi propagandistici. Rossa nota che l'operaio Francesco Berardi, addetto a distribuire le bolle di consegna nello stabilimento, si trova spesso nelle vicinanze del distributore. Il 25 ottobre 1978 gli operai trovano una copia dell'ultima risoluzione strategica brigatista, sempre vicino alle macchinette; Rossa nota un sospetto rigonfiamento sotto la giacca di Berardi, si reca negli uffici della vigilanza aziendale per segnalare il fatto e, all'uscita, una nuova copia della risoluzione brigatista è ritrovata su una finestra nel medesimo luogo. Dopo un breve dibattito interno l'armadietto di Berardi viene aperto ritrovandovi contenuti documenti brigatisti, volantini di rivendicazione di azioni compiute dalla BR e fogli con targhe d'auto appuntate. Guido Rossa decide di denunciare l'uomo, gli altri due delegati si rifiutano lasciandolo solo. Francesco Berardi cerca inutilmente di fuggire ma viene fermato dalla vigilanza della fabbrica; si dichiara subito prigioniero politico, viene consegnato ai carabinieri e arrestato.
Guido Rossa mantiene la denuncia e testimonia al processo, nel quale Berardi (morto suicida in carcere) viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione.
Temendo una vendetta dei brigatisti, il sindacato offre per alcuni mesi a Rossa una scorta, formata da operai volontari dell'Italsider, a cui lo stesso Rossa in seguito rinuncia
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