Giorgio Valentino Bocca (Cuneo, 18 agosto 1920 – Milano, 25 dicembre 2011) è stato uno scrittore e giornalista italiano.
Biografia
La gioventù
I suoi genitori erano insegnanti. Studiò alla facoltà di Giurisprudenza a Torino; si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista (Guf), in cui divenne piuttosto noto a livello provinciale, anche per i suoi risultati nelle competizioni sciistiche, per cui ricevette la medaglia d'oro nel 1940 a Roma da Benito Mussolini. Allo scoppio della guerra, ormai ventenne, venne chiamato alle armi come allievo ufficiale nel Regio Esercito nel corpo degli Alpini. Nel giugno del 1940 partecipò alla Battaglia delle Alpi Occidentali insieme allo scrittore Mario Rigoni Stern, all'alpinista e maestro di sci Gigi Panei e alla guida alpina Renato Chabod. Il 4 agosto 1942 firmò un articolo sul settimanale "La Provincia Grande" nel quale imputava il disastro della guerra alla "congiura ebraica". Sotto le armi strinse amicizia con Benedetto Dalmastro, in contatto con Duccio Galimberti; insieme a queste due figure, fonderà dopo l'armistizio le formazioni partigiane di Giustizia e Libertà.Infatti dopo l'8 settembre 1943 Giorgio Bocca aderì alla lotta partigiana, operando nella zona della Val Grana come comandante della Decima Divisione Giustizia e Libertà e, successivamente, in Val Maira in qualità di Commissario politico della Seconda Divisione Giustizia e Libertà. Nei primi mesi del 1945, divenuto responsabile dei tribunali del popolo (o partigiani), in qualità di giudice nel processo a carico del Tenente Adriano Adami (Pavan) della Divisione Alpina Monterosa ne firmò, poco prima della fine della guerra, la condanna a morte unitamente a quella di altri quattro prigionieri dell'esercito della Repubblica Sociale Italiana.
Giornalista e scrittore
Giorgio Bocca iniziò a scrivere fin da adolescente, nella seconda metà degli anni trenta, su periodici a diffusione locale. Successivamente, dal 1938 al 1943, scrisse anche per la testata cuneese La Provincia Grande, Sentinella d'Italia. Alla fine della guerra, riprese l'attività giornalistica, scrivendo per il giornale di Giustizia e Libertà finché fu chiamato a lavorare per la Gazzetta del Popolo dal liberale Massimo Caputo che ne era il direttore, quindi per L'Europeo. Negli anni Sessanta iniziò a lavorare presso Il Giorno a seguito della nomina a direttore di Italo Pietra, qui si affermò definitivamente come inviato speciale con inchieste sulla realtà italiana.
Nel 1975 sostenne che l'esistenza delle Brigate Rosse fosse in realtà una favola raccontata agli italiani dagli inquirenti e dai servizi segreti anche se qualche anno più tardi rivide pubblicamente le sue posizioni. Nel 1976 fu, insieme ad Eugenio Scalfari, tra i fondatori del quotidiano la Repubblica, con cui da allora collaborò ininterrottamente. Tenne ininterrottamente sul settimanale L'Espresso la rubrica "L'antitaliano" che sospese solo un mese prima di morire a seguito del peggioramento della malattia che lo affliggeva.
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