Amintore Fanfani

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NATO IL 06-02-1908
MORTO IL 20-11-1999
Italia Amintore Fanfani (Pieve Santo Stefano,20 novembre 1999) è stato un politico, economista e storico italiano. Uno dei più celebri politici italiani del secondo dopoguerra, fu una figura storica del partito della Democrazia Cristiana; si distinse anche come storico dell'economia.
Pubblicato il 01/09/2012


Postato il 19/07/2013

Uno dei più celebri politici italiani del Secondo dopoguerra, fu una figura storica del partito della Democrazia Cristiana; si distinse anche come storico dell'economia
Luciano
Amintore Fanfani (Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 – Roma, 20 novembre 1999) è stato un politico, economista e storico italiano

Biografia
Uno dei più celebri politici italiani del secondo dopoguerra, fu una figura storica del partito della Democrazia Cristiana; si distinse anche come storico dell'economia.

Formazione Culturale
Proveniente da una numerosa ed umile famiglia del comune di Pieve S. Stefano (AR), compì i suoi studi tra Urbino (scuole medie) ed Arezzo (Liceo scientifico). Si iscrisse all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove studiò nel Collegio Augustinianum entrando a far parte della FUCI. Dopo la laurea in economia e commercio nel 1930, ottenne nel 1936 la cattedra di Storia delle Dottrine Economiche. Si dimostrò un convinto sostenitore del corporativismo, nel quale riconobbe uno strumento provvidenziale per salvare la società italiana dalla deriva liberale o da quella socialista ed indirizzarla verso la realizzazione di quegli ideali di giustizia sociale suggeriti dalla dottrina sociale della chiesa. Collaborò con la Scuola di mistica fascista, scrivendo articoli per la sua rivista Dottrina fascista]. Il suo nome comparve assieme a quello dei 330 firmatari che, nel 1938, appoggiarono il Manifesto della razza pubblicando inoltre articoli sulla rivista La Difesa della Razza di Telesio Interlandi

Durante il periodo milanese, Fanfani fu direttore della Rivista Internazionale di Scienze Sociali e si affermò nel panorama culturale italiano (e non solo) grazie agli studi di argomento storico-economico che hanno conservato un duraturo successo, come testimonia la recentissima ripubblicazione (2005) dell'opera Cattolicesimo e Protestantesimo nella formazione storica del capitalismo, nella quale propose una coraggiosa interpretazione dei fenomeni di genesi del capitalismo, con particolare riferimento al condizionamento dei fattori religiosi e in sostanziale disaccordo con le tesi, allora paradigmatiche, di Max Weber. Questa opera lo portò alla ribalta tra i cattolici statunitensi, in particolar modo fu molto apprezzata da John Kennedy, che esplicitamente alla convention democratica del 1956 a Chicago, riconobbe nell'influenza di Fanfani e del suo scritto una delle cause principali del suo ingresso in politica

La fondazione della Democrazia cristiana
Negli anni trascorsi a Milano conobbe Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira e, dalla fine degli anni trenta, prese a partecipare assiduamente alle loro riunioni, discutendo di cattolicesimo e società.

Con l'entrata in guerra dell'Italia, il gruppo spostò la sua attenzione al ruolo che sarebbe dovuto toccare al mondo cattolico all'indomani di quella caduta delFascismo che era ormai ritenuta imminente. Con l'8 settembre del 1943, tuttavia, il gruppo si sciolse e, fino alla Liberazione, Fanfani si rifugiò in Svizzera, dove organizzò corsi universitari per i rifugiati italiani.

Rientrato in Italia, venne invitato a Roma proprio dall'amico Giuseppe Dossetti, appena eletto alla vicesegreteria democristiana, che gli affidò la direzione dell'ufficio propaganda del partito. Ebbe in questo modo inizio la sua carriera politica, e nel mezzo secolo successivo si troverà sempre, anche se a fasi alterne, al centro della scena politica nazionale.

Eletto all'Assemblea Costituente, fece parte della Commissione (Commissione dei 75) che redasse il testo della nuova Costituzione repubblicana: sua è la formulazione del primo articolo della Carta costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Quando Dossetti abbandonò la vita pubblica, si trovò catapultato sul proscenio come principale esponente della sua corrente di sinistra nel partito.

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