Giuseppe Saragat (Torino, 19 settembre 1898 – Roma, 11 giugno 1988) è stato un politico e diplomatico italiano, di origine sarda, quinto Presidente della Repubblica Italiana e primo socialista a ricoprire la carica.
Protagonista della convulsa storia della famiglia socialista nell'immediato dopoguerra, leader storico del Partito Socialista Democratico Italiano, Saragat fu anche Presidente dell'Assemblea Costituente fino al 1947. Fu più volte vicepresidente del Consiglio dei Ministri nei governi De Gasperi e ministro degli Esteri dal 1963 al 1964
Biografia
Figlio di immigrati sardi (il padre Giovanni era nato a Sanluri nel Medio-Campidano, dall'avv. Pietro Saragatu[2]), Giuseppe Saragat proveniva da una famiglia appartenente alla media borghesia italiana. Laureato in Scienze Economiche e Commerciali, si sposò con Giuseppina Bollani ed ebbe due figli: Giovanni (Ambasciatore d’Italia in Belgio) e Ernestina “Tina” Saragat.
Gli esordi in politica
Nel 1922 aderì al socialismo, non tanto per vocazione ideologica, quanto per solidarietà nei confronti della gente povera, ovvero quel proletariato che andava organizzandosi, oppresso dai "figli di papà" come ebbe a dire lui stesso. Socialista del filone riformista ed umanitario, si nutrì della cultura politica di Filippo Turati, divenendo così esponente di primo piano del Partito Socialista Unitario, il partito nato il 1º ottobre 1922 dalla scissione dei riformisti turatiani dal PSI, del quale Giacomo Matteotti era segretario.
Durante il fascismo
Durante il ventennio fascista scelse la via dell'esilio, valicando il confine elvetico, in compagnia dell'amico Claudio Treves, nella notte tra il 19 e il 20 novembre 1926. Durante il soggiorno estero in Svizzera, Austria e Francia, strinse con il socialista Pietro Nenni un'alleanza politica che porterà, il 19 luglio 1930, al rientro del PSULI di Filippo Turati, nel Partito Socialista Italiano. Questi furono anni in cui Saragat entrò anche in contatto con molti autorevoli esponenti dell'"Austromarxismo" che teorizzavano la conciliabilità del pensiero di Marx con la socialdemocrazia (in particolare Renner e Bauer), e più in generale personalità della socialdemocrazia mitteleuropea che influenzò la sua formazione intellettuale.
Tornò in patria nel 1943 per combattere contro la Repubblica di Salò: arrestato e consegnato alle autorità tedesche in seguito alla repressione voluta dal generale Enrico Adami Rossi, venne rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli, dove divise la cella con un altro futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Riuscì ad evadere, insieme a Pertini, grazie a un gruppo di partigiani che falsificarono un ordine di scarcerazione il 24 gennaio 1944 e si trasferì a Milano, dove lavorò per il partito socialista. Fu ministro senza portafoglio nel 1944 durante il governo Bonomi II; nel 1945 fu ambasciatore d'Italia a Parigi per un brevissimo periodo.
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