Luigi Cadorna (Pallanza, 4 settembre 1850 – Bordighera, 21 dicembre 1928) è stato un generale e politico italiano.
Biografia
Gli esordi
Figlio del generale conte Raffaele Cadorna (1815-1897) (veterano della battaglia di San Martino e in seguito comandante della spedizione che nel 1870 portò all'annessione di Roma al Regno d'Italia), nel 1860, all'età di dieci anni, fu avviato dal padre agli studi militari. Dapprima studiò alla Scuola militare "Teuliè" di Milano e cinque anni dopo entrò all'Accademia Militare di Torino, venendo nominato sottotenente nell'arma d'artiglieria nel 1868. Nel 1870, in forza al 2º Reggimento d'artiglieria, partecipò alle brevi operazioni militari contro Roma nel corpo di spedizione comandato dal padre Raffaele. Capitano nel 1880, nel 1883 venne promosso al grado di maggiore ed assegnato allo Stato Maggiore del Corpo d'armata del generale Pianell. In seguito assunse la carica di capo di Stato Maggiore del comando divisionale di Verona. Nel 1889 convolò a nozze con Maria Giovanni Balbi dei marchesi Balbi di Genova. Nel 1892, promosso colonnello, ottenne il primo incarico operativo in qualità di comandante del 10º Reggimento Bersaglieri, mettendosi precocemente in luce per la sua rigida interpretazione della disciplina militare e per il frequente ricorso a dure sanzioni.
Durante le manovre del maggio 1895, sempre al comando del 10º Reggimento, ebbe modo di puntualizzare per la prima volta quei princìpi tattici che costituiranno la base della sua incrollabile fede nell'offensiva ad oltranza. Nel 1896, abbandonati gli incarichi operativi, assunse la carica di capo di Stato Maggiore del Corpo d'armata di Firenze. Nel 1898, con la promozione a tenente generale, entrò a buon titolo a far parte della ristretta cerchia degli alti ufficiali dell'esercito. La sua ascesa, benché lenta nel corso del tempo, si dimostrò costante a dispetto delle numerose recriminazioni mosse da Cadorna nei confronti del presunto ostruzionismo oppostogli dai suoi superiori. Nello stesso anno egli dovette affrontare il primo smacco, allorquando, resosi disponibile l'incarico di Ispettore generale degli Alpini, gli venne preferito il generale Hensch. Nel 1900 incappò in un secondo insuccesso: abbandonato il generale Cerruti il comando della Scuola di Guerra, si vide scavalcato dal generale Zuccari. A Cadorna fu invece assegnato il comando della Brigata Pistoia, allora di stanza a L'Aquila, che tenne per i successivi quattro anni: a questo periodo risale la compilazione di un manuale dedicato ai metodi d'attacco delle fanterie, in cui ebbe modo di ribadire la sua fiducia nelle tattiche offensiviste che d'altronde erano allora in voga nell'esercito.
Nel 1905 assunse il comando della divisione militare di Ancona e nel 1907 fu a capo della divisione militare di Napoli con il grado di tenente generale, giungendo infine ai massimi vertici delle forze armate. Nello stesso anno venne fatto per la prima volta il suo nome quale possibile successore del generale Tancredi Saletta, che godeva allora di pessima salute, alla suprema carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito. Ma l'anno successivo, abbandonato infine il Saletta l'incarico, Cadorna si vide preferire il generale Alberto Pollio: a questo capovolgimento di fronte non furono sicuramente estranei né i proclamati sentimenti di ostilità del generale nei confronti dell'allora capo del governo Giovanni Giolitti, né tantomeno una lettera che il 9 marzo egli aveva inviato ad Ugo Brusati, primo aiutante del Re e fratello di quel Roberto Brusati, futuro comandante della 1ª Armata, che nel 1916 sarebbe stato destituito proprio da Cadorna a seguito della battaglia degli Altipiani.
In risposta ad evidenti sondaggi di Brusati sulle future intenzioni di Cadorna qualora fosse stato destinato all'incarico, ed in particolar modo in riferimento al mantenimento delle prerogative del Re (formalmente comandante in capo dell'esercito), sul cui rispetto si voleva evidentemente ottenere dal generale formale assicurazione, con scarsissimo spirito diplomatico egli replicò sostenendo il principio dell'unicità ed indivisibilità del comando: in tale circostanza, benché i poteri del sovrano fossero sanciti dallo Statuto, Cadorna si dimostrò sin troppo deciso a chiarire come, a suo parere, la responsabilità del comando dell'esercito spettasse de facto al capo di Stato Maggiore.
Benché con le sue dichiarazioni egli fosse allora consapevole di essersi estromesso dalla partita con le sue proprie mani, la nomina di Pollio inaugurò una stagione di rapporti difficili fra le due alte personalità destinata a concludersi soltanto nel 1914, con la morte di quest'ultimo. All'amarezza di Cadorna per essersi visto preferire il collega (a cui si rinfacciavano peraltro le umili origini, essendo questi figlio di un ex capitano dell'esercito borbonico) si aggiungevano inoltre stridenti contrasti di natura dottrinale, laddove alla rigida impostazione offensivistica del pensiero tattico cadorniano il nuovo capo di Stato Maggiore contrapponeva concezioni operative improntate ad una maggiore flessibilità e fondate sulla consapevolezza dell'impatto delle moderne armi da fuoco e dell'artiglieria sul campo di battaglia. La carriera di Cadorna seguitò nonostante tutto, e nel 1911 assunse il comando del Corpo d'armata di Genova.
L'anno successivo scoppiava il conflitto con l'Impero ottomano e, benché egli rappresentasse il candidato in pectore per il comando di un corpo d'armata destinato al servizio oltremare, nella conduzione delle operazioni militari in Libia gli venne preferito il generale Caneva. Cadorna, alla soglia dei sessantuno anni, doveva pertanto vedersi ancora assegnato il primo comando operativo in guerra: tale ritardo si sarebbe tuttavia rivelato altrettanto vantaggioso, poiché il generale poté presentarsi alla suprema prova costituita dal primo conflitto mondiale con le proprie potenzialità di comandante inespresse ma altresì prive di macchia e di smentita, giacché la sua carriera non era stata in alcun modo offuscata dai frequenti insuccessi che avevano costellato la storia delle armi dell'Italia unita, dalla campagna d'Abissinia culminata con la disfatta di Adua, sino alle sanguinose e dispendiosissime operazioni militari contro la guerriglia libica (che verrà definitivamente piegata soltanto nel 1934).
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